Di Claudio Martinotti Doria
Ai contenuti del recentissimo articolo di
taglio scientifico che vi sottopongo dopo la mia prefazione (fonte ADN Kronos),
doverosamente devo riprendere alcuni concetti ed informazioni che avevo già
esposto alcuni anni fa a proposito dell’alimentazione dei Templari.
I templari si nutrivano bene rispetto alla
loro epoca anche perché erano ottimi "fattori", gestivano con
tecniche ed organizzazioni all'avanguardia le loro numerose "aziende
agricole", sempre insediate dove abbondava l'acqua, favorendo in tal modo
anche la pescicoltura e l'irrigazione. Erano maestri anche nella viticoltura e
produzione di vino (soprattutto in Francia) che esportavano in tutto il
continente e nel Medio Oriente (sebbene le tecniche di trasporto e
conservazione furono perfezionate solo secoli dopo, per cui durante il
trasporto la qualità si alterava). Non disdegnavano neppure l’olivicoltura, in
quanto l’olio d’oliva non mancava mai nelle loro tavole ed era un condimento di
primaria importanza nella loro alimentazione.
Bere vino era consentito anche dalla loro
Regola, dettata da Bernardo di Chiaravalle, giustificato come rimedio al
freddo, per riscaldare il cuore e le membra, anche se dalle cronache dell'epoca
pare se ne abusasse in parecchie occasioni. Si presume che fosse prevalentemente
vino bianco, in misura minore anche rosso, sicuramente annacquato, non come
nelle taverne (dove definirlo vino era un eufemismo), ma in misura minore.
I formaggi erano prevalentemente di pecora
e capra, in quanto i bovini domestici venivano usati per i lavori nei campi,
l'unica eccezione era il "grana" (poi divenuto grana padano) la cui
invenzione è attribuibile ai monaci cistercensi che inizialmente lo chiamarono
"caseus vetus", e proprio nell'epoca in cui vissero i Templari ne aumentarono
la produzione edificando i primi caseifici.
Mentre nelle taverne i cibi erano molto
speziati e salati (per insaporirli, conservarli e riciclarli), quelli consumati
dai Templari erano più freschi e sobri nel modo di cucinarli e proporli, e
quindi si suppone fossero anche più facilmente digeribili ed assimilabili.
I templari avevano un vero manuale di vita, che per quanto possa sembrare
rigido e severo, nel codificare anche l’alimentazione consentiva loro di
condurre una vita molto più sana e longeva rispetto a tutto il resto della
popolazione, con particolare riferimento all’aristocrazia, che potendosi
permettere di tutto finiva per eccedere in maniera squilibrata ed insana e
pertanto finiva per non godere di maggiori aspettative di vita rispetto al
volgo (che moriva di stenti e malattie infettive).
I
componenti della nobiltà finivano paradossalmente per ammalarsi per un errato
ed esagerato regime alimentare che induceva processi biologici degenerativi,
quando addirittura non si intossicavano per le “farciture” con cui abbellivano
i cibi per motivi estetici e di sfarzo modaiolo con sostanze dannose per
l’organismo. Chiunque legga testi di storia potrà riscontrare quanti nobili e
persino sovrani morivano prematuramente per motivi che all’epoca non venivano
neppure identificati, escludendo ovviamente deliberati avvelenamenti e morti in
battaglia o per assassinio.
I
templari disponevano di regole scritte in manuali, divise in articoli da
rispettare. Ad esempio l’’articolo X stabiliva che “Tre volte a settimana vi
sia sufficiente di rifocillarvi di carne, a meno che non cada il giorno di
Natale, di Pasqua, la festa di Santa Maria e di Tutti i Santi, perché il troppo
mangiar carne guasta la salute del corpo”.
Nella realtà a causa delle temperature
riscontrabili in Terrasanta, ad esempio attorno al Mar Morto raggiungono
tuttora i 50 gradi, l’uso della carne venne limitato, dando ampio spazio al
pesce.
Nella dieta quotidiana dei Templari non mancavano nemmeno uova, formaggi,
legumi, verdura e frutta fresca. Il pane era sempre disponibile in porzioni
abbondanti ed aveva un significato simbolico e pragmatico nella loro regola,
come espresso nell’articolo XV : “Sebbene il premio della povertà, che è il
Regno dei Cieli, si debba senza dubbio ai poveri, a voi tuttavia, ordiniamo di
dare ogni giorno al vostro elemosiniere la decima parte del pane”.
Motivo per cui il pane veniva distribuito ai bisognosi in tutti i territori
urbani presidiati dai templari. I templari disponevano di due tipologie di
pane: il pane bigio, prodotto con farina di grano e di segale che veniva
consumato nei giorni feriali, e il pane bianco, prodotto con farina bianca,
consumato nei giorni festivi.
I
Cavalieri Templari mangiavano in silenzio, nel refettorio, su tavolate di
grandi dimensioni ricoperte da tovaglie bianche (solo il Venerdì Santo
apparecchiavano senza tovaglia), uno di fronte all’altro, dotati di una
scodella di corno o di legno ed un calice (che variava secondo i giorni, se
feriali o festivi), un cucchiaio ed un coltello.
La
forchetta all'epoca non era molto conosciuta, se non alla raffinata corte di
Costantinopoli, e poi portata nell'XI secolo presso i veneziani da una
principessa bizantina andata in sposa al doge Domenico Selvo (all'epoca si
mangiava il cibo con le mani), e si suppone che da Venezia si sia diffusa
gradualmente in tutte le corti della penisola e nel resto del continente.
Durante
i pasti ascoltavano una lettura sacra. Il cibo non andava mai sprecato, le
portate e le porzioni erano adeguate alle esigenze individuali e del contesto locale (in base ai servizi cui dovevano
provvedere ed alle situazioni contingenti oltre
che al clima locale e stagionale, per cui la dieta differiva tra i
templari del continente europeo e quelli in Terrasanta), gli eventuali avanzi
venivano dati ai bisognosi.
Rimane un mistero ancora oggi il perché i
Templari in Terra Santa soffrissero di epistassi, anche se si presume fosse un
disturbo correlato all'alimentazione, si sospetta potesse trattarsi di un
progressivo seppur non letale avvelenamento, una sorta di sabotaggio
alimentare, magari nel tentativo di indebolirli e renderli meno temibili in battaglia
... Ipotesi non peregrina, se si considera che a tutte le incombenze, la
manutenzione ordinaria, ai servizi "logistici" e domestici, ecc., era
addetto personale esterno, assunto dalle località dove erano insediati, e solo
in misura minore si dedicavano membri dell'Ordine del Tempio. Personale che per quanto selezionato e tenuto
sotto controllo non poteva essere assolutamente affidabile.
A tal proposito non è fuori luogo precisare
che la ricerca medico scientifica sotto riportata afferisce ai templari
sopravvissuti alla “persecuzione” successiva al 1307 ed ordita dal re francese
Filippo il Bello, l’età media dei templari è infatti desunta dagli atti dei
numerosi processi perpetuati a loro carico. La Terrasanta era ormai persa da
tempo, ed in ogni caso se anche si avessero dati attendibili inerenti i
cavalieri rossocrociati in quei luoghi, certamente la media anagrafica sarebbe
stata molto inferiore, per motivi facilmente deducibili. Da quelle parti si
moriva in battaglia ed anche se si sopravviveva, ad una certa età non si era
più in grado di combattere e ci si dedicava ad altre mansioni più sedentarie
e/o si tornava nel continente presso una delle centinaia di Precettorie e
Mansioni dell’Ordine.
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