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martedì 28 aprile 2009

Antichi misteri nel Duomo di Casale, Capitale del Monferrato. Una nuovissima ipotesi coinvolge i Templari ...


Antichi misteri nel Duomo di Casale, Capitale del Monferrato. Una nuovissima ipotesi coinvolge i Templari ...
di Gabriella Fogli
Continuiamo il cammino intrapreso nell’indagare i misteri del Piemonte e, in questo momento, in particolar modo quelli del Monferrato, spostandoci all’interno del magnifico duomo di Casale, o cattedrale di Sant’Evasio.
Tuttavia occorre una precisazione: mai ci stancheremo di affermare che limitarsi ad analizzare un singolo monumento o una singola zona estrapolandolo dal contesto storico generale dell’epoca, non solo quella coeva, ma quella più antica a monte, è come fare un’analisi psicologica ad un individuo senza tener conto del contesto familiare e sociale in cui vive, in cui ha vissuto ed in cui si è formata la sua personalità.
Si potrà obiettare, e sempre questo viene messo in opera ogni volta che non si forniscono prove concrete, che in mancanza di “documentazione storica” quello che rimane sono solo congetture, ma questa affermazione è vera parzialmente in quanto la storia la scrivono i vincitori, i documenti “segreti” non venivano certo divulgati negli archivi, prassi seguita tutt’oggi, per esempio, da ogni azienda o persona che esporti illegalmente denaro all’estero per sottrarlo al fisco, inoltre tutte le varie “intelligence” segrete di ogni paese del mondo forniscono documentazioni ai propri organi dirigenti a cui noi, comuni mortali, non avremo mai accesso, salvo che per i documenti “declassified” che saltano fuori “a caso” in momenti particolari. Inoltre il fatto che un documento sia antico non significa che sia vero, o che non sia di parte; i “cronisti” dell’epoca lavoravano al servizio del committente o dei committenti, che gli permettevano di guadagnare e di sopravvivere. Se leggiamo, ad esempio, le cronache delle crociate redatte dai “giornalisti” dell’epoca, siano cristiani o mussulmani, troveremo descritte le atrocità compiute dall’avversario ed enfatizzato il proprio ruolo e la propria missione tacendo su quanto di ignobile è perpetuato da una parte o dall’altra.
Ma torniamo a noi…all’interno del duomo, su un capitello dell’atrio, c’è una misteriosa incisione che non si può considerare casuale, in quanto è racchiusa in un abbozzo dell’atrio stesso e consiste in una firma composta da due lettere, una F ed una J, almeno così viene interpretata sul testo “il duomo di Casale Monferrato” di Attilio Castelli e Dionigi Roggero, edito dalla fondazione Sant’Evasio. Le stesse deduzioni sono riportate sul sito ufficiale della diocesi casalese: http://www.cattedralecasale.org
Cliccando sulla pagina web: http://www.cattedralecasale.org/capitoli/03cattedrale/crocicavalieri.html
Per la verità la j potrebbe anche essere una s, ma per ora atteniamoci a quanto hanno interpretato gli “esperti”.
La firma è sempre stata considerata dagli studiosi come l’ iniziale del maestro costruttore ed è incisa su un capitello della tribuna. Ad oggi vige ancora il mistero più fitto su tale incisione.
Con il presente lavoro ci proponiamo di offrire una nuova ipotesi e per farlo dobbiamo necessariamente spostarci all’esterno del duomo, nell’antico quartiere di cantone Vaccaro, che insieme al Brignano, al Montarone ed al Lago, costituiva il nucleo più antico della Casale medievale, quello che veniva definito “il borgo”. Qui vi era, e vi è, la “casa grande” che dipendeva dalla Commenda di Santa Maria del Tempio e nei suoi pressi si trovava, e si trova, un altro edificio, denominato “la casa piccola”, con una parte superiore destinata ad abitazione ed una parte inferiore che, da una visita priorale del 1646, risultava addetta ancora a bottega, anzi, al piano terra si trovavano due “botteghe grandi” ed al primo piano tre stanze con “tre stibbi di mattoni”. Solo da un resoconto del 1787 la casa perde la sua funzione principale di laboratorio per diventare un edificio cittadino come gli altri.
La presenza di queste due case definite per distinguerle la “grande” e la “piccola” ha sempre rappresentato per noi un interrogativo: che funzione avevano e quale era il senso di due presenze cittadine dell’Ordine situate non ad un capo e all’altro del paese, ma l’una nei pressi dell’altra? O meglio…la “grande” era il posto di controllo sul territorio cittadino, ma la “piccola”?
Una risposta ai nostri quesiti la troviamo in un libro di Louis Charpentier ed. x i tipi dell’ L’Età dell’Acquario “I misteri della cattedrale di Chartres”. In tale testo, nel capitolo “I Confratelli”, l’autore cita la “casa grande” e la “casa piccola” specificando che la grande era l’edificio in cui risiedevano i cavalieri ed a cui avevano accesso solo gli “invitati”, costituiva il convento propriamente definito ed era così appellata in contrapposizione alla “casa piccola” che, in lingua gallica, è la cayenne, e tradizionalmente la cayenne è il luogo riservato alla confraternita dei costruttori. In quei tempi erano attive tre confraternite: i Figli di Padre Soubise, i Figli di Mastro Jacques ed i Figli di Salomone.



Noi riteniamo che una di queste confraternite alloggiasse nella “casa piccola” e fosse in stretta correlazione con l’Ordine del Tempio, non solo, la correlazione tra l’ordine dei costruttori e l’Ordine del Tempio è rappresentata proprio dall’atrio del duomo, quell’atrio che ha fatto versare fiumi di inchiostro in quanto avulso dal resto della costruzione e in uno stile particolarissimo. L’atrio, o nartece, è unico esempio di architettura romanica dove “l'ambiente centrale è coperto da quattro arconi a tutto sesto, due trasversali e due longitudinali, che individuano nove campate coperte a crociera”. Gli incroci arditi in conci di arenaria e mattoni di argilla articolano lo spazio in modo complesso e si intrecciano a coppie parallele dando vita ad un ambiente originale e unico nel panorama del romanico europeo e lo si fa derivare da esempi Armeni o Islamici. Alcuni elementi decorativi presentano interessanti parallelismi con il portale della Gloria di Santiago di Compostela e sono precisamente il fregio della cerva ed il rosone della facciata primitiva. Questi parallelismi ci riportano molto semplicemente alla confraternita dei Figli di Mastro Jacques(Giacomo) che hanno lasciato la loro firma ed il loro stile nel nartece. Ma chi erano? Purtroppo ne sappiamo molto poco e quel poco, a volte, sconfina nella leggenda, ma le leggende devono essere interpretate in modo allegorico perché ci parlano per simboli, simboli che si perdono nella notte dei tempi. Ad ogni modo pare che, tra le altre cose, si incaricarono dell’organizzazione religiosa ed hospitaliera del cammino verso Santiago de Compostella e quindi si aprono nuovi ed interessanti interrogativi…che cosa univa questi confratelli ai Cavalieri del Tempio? E che rapporto esiste tra il duomo di Casale Monferrato ed il cammino verso Santiago? Sono domande a cui dare risposte è tutt’altro che semplice.
Prendiamo per esempio la cerva: viene normalmente interpretata come un mito lunare, paragonata ad Artemide o a Diana cacciatrice e si dice che rappresenti la “caccia” alla Sapienza ed alla Saggezza. Il cristianesimo si sovrappone al mito “impossessandosene”: “Come la cerva anela ai rivi d’acqua, così l’anima mia a Te anela, o mio Dio”. Questo è l’inizio del salmo n. 42 ed il cristianesimo afferma che la cerva rappresenta l’anima che anela a congiungersi al Signore, a Dio. Ma lo Charpentier nel suo libro “Il mistero di Compostela”, pag. 174, propone un’altra interpretazione che ci trova in sintonia: “allo stesso modo, per quanto concerne i cervi, gli unici rappresentati fra i tanti animali possibili, non credo che si tratti di una sorta di simbolo lunare com’è stato ipotizzato, ma di un totem, segni totemici concernenti non una tribù, ma una confraternita iniziatica”. Dunque abbiamo un simbolo che “parla” il linguaggio degli uccelli, linguaggio comprensibile solo a chi sarà in grado di leggerlo, pur mantenedo, a nostro avviso, anche la valenza simbolica lunare, l’una non esclude l’altra, sono due letture diverse ma, sempre a nostro avviso, complementari.
Certo è alquanto sorprendente ritrovare nel nartece di Casale Monferrato le tracce di una Confraternita Iniziatica di costruttori, dei compagni confratelli che si recavano, anzi “passavano” di posto in posto lasciando messaggi precisi del loro “passaggio”. O meglio, non ci sorprende in effetti perché nel Monferrato la presenza templare è stata decisamente importante ed ancora poco nota grazie ad un preciso lavoro di occultamento, oltre che ai disastri del tempo e delle guerre.



Il nartece è stato edificato sull’antico cimitero antistante la chiesa e fin dalla sua costruzione era caratterizzato da accessi frontali e laterali sempre aperti al passaggio pubblico. Sui lati esterni dell’atrio si distendono due gallerie a forma di matronei indipendenti a cui si accede tramite scale a chiocciola situate all’interno dei campanili. Queste gallerie sono collegate dalla tribuna e illuminate da grandi finestre il che conferiva al luogo un ruolo quasi esclusivamente sociale, assai importante nell’attività politica del borgo in fase di pieno sviluppo.
Ma non desideriamo annoiarvi oltre con descrizioni architettoniche facilmente reperibili e che al momento rischiano di allontanarci dal punto principale: è plausibile l’ipotesi che una compagnia di “costruttori” agisse in Monferrato per ordine e indicazioni precise dell’Ordine del Tempio? Noi riteniamo di sì, che sia più che plausibile questo, ed un’altra indicazione ci viene da Santa Maria di Isana, commenda templare con la relativa chiesa sorta a due passi da Livorno Ferraris, prov. Vercelli, posta su una via strategica per il pellegrinaggio. Scorrendo l’interessantissimo e documentatissimo libro “Santa Maria d’Isana” di Giovanni Franco Giuliano, ex sindaco di Livorno Ferraris nonché saggista e profondo conoscitore della zona, apprendiamo a pag. 87 del suddetto libro, che il 15 dicembre 2000 si è tenuta una conferenza organizzata dall’amministrazione comunale a cui hanno partecipato diversi architetti e studiosi. Uno degli architetti, Cattìa Salto, scrive: “l’alternanza del materiale con intento decorativo che sottolinea i tratti salienti dell’apparato architettonico….. Indica un probabile collegamento con la scuola locale del Monferrato: maestranze che hanno lasciato un’impronta tipica in molte chiese monferrine tra il 1160 e il 1180 (ad esempio la vicina Santa fede a Cavagnolo). Maestranze che possono aver iniziato la loro attività con il vescovo di origine lombarda Landolfo di Vergiate: diventato vescovo di Asti nel 1105 di ritorno dalla prima crociata fece costruire, presumibilmente intorno agli anni 1110-1130, la chiesa del Santo Sepolcro, chiesa attualmente dedicata a San Pietro, ma l’antico nome indica chiaramente l’intento di riferirsi a modelli gerosolimitani …..anche santa Maria di Isana potrebbe ascriversi a questa scuola locale, del tutto estranea alla prassi costruttiva dell’area vercellese”.



Allora riassumiamo: l’architetto afferma che la chiesa è stata probabilmente edificata da un gruppo di costruttori che si rifanno ad una scuola locale del Monferrato. Quindi i Templari, sicuramente presenti a Santa Maria di Isana, si sono rivolti a questa “confraternita”. Non solo….si ipotizza che tale confraternita abbia avuto rapporti o addirittura sia stata portata qui dal vescovo di Asti Landolfo di Vergiate che fece costruire la bellissima chiesa medievale del Santo Sepolcro situata in Asti, chiesa dotata anche di “hospitale”.
L’ipotesi del collegamento della “confraternita di costruttori del Monferrato” con il vescovo Landolfo di Asti non è particolare di poco conto, ma ve ne parleremo a tempo debito in un prossimo lavoro per non distrarci dall’obiettivo. Torniamo a santa Maria di Isana:
Se non sai dov’è non la vedi. Eppure centinaia, anzi migliaia di persone giungono da tutta Italia per visitare questa piccola chiesetta immersa nella pianura e calata all’interno di una “grangia”, una grande fattoria circondata da mura e di proprietà privata, dove i gentili proprietari ci hanno accolto in orari non proprio canonici con grande disponibilità e provvedono a mantenere accogliente questa testimonianza unica in Piemonte. Testimonianza di una chiesa templare, “Santa Maria d’Isana”, che ha resistito ai secoli ed al tempo e stà lì a ricordarci che in questo luogo operavano ed agivano gli antichi cavalieri.

La peculiarità della mansione di Livorno era mista:

1.Militare, con il compito di provvedere alla protezione dei pellegrini romei presidiando le strade e garantendone il transito;
2.Caritativa, perché preposta all’accoglienza e all’ospitalità per il viandante;
3.Produttiva, in quanto centro agricolo di grande estensione dove potevano interagire mezzadri interni ed esterni;
4.Religiosa, perché il pellegrino stanco del duro viaggio trovava il conforto dello spirito.

Non si sa con certezza quando sia stata costruita, ma è fuori di dubbio, vista la tipologia architettonica, che si collochi tra gli edifici religiosi edificati nel 12° secolo.
Un tempo era immersa nel fitto di una boscaglia millenaria ed era la chiesa di pertinenza della locale mansione templare e risale al primo periodo di espansione in Piemonte.
E’ costituita da una piccola aula orientata con abside ora quadrata, misura m. 7,80 di larghezza compresi i contrafforti e m. 12,80 di lunghezza a partire dalla lesena di facciata compreso il contrafforte del campanile, più 3.80 metri dell’abside originaria ora incorporata nel fabbricato aggiuntivo.
L’architettura, come già detto sopra, risente dell’influsso romanico del Monferrato e quando parliamo di influsso romanico del Monferrato facciamo riferimento a una corporazione e che ha edificato diverse chiese tra il 1160 e il 1180 tra cui santa Fede a Cavagnolo, autentico gioiello romanico che, purtroppo, versa in condizioni di grande degrado.
Conficcata nel terreno una pietra sacra, testimonianza che prima della costruzione della chiesa di Santa Maria all'interno della cascina di Isana, questo era un luogo di culto pagano.
La pietra esiste ancora oggi in prossimità della cascina, è un menhir triangolare, dotato di poteri taumaturgici, capaci di guarire i reumatismi e il mal di schiena se ci si appoggia sopra la parte dolorante. Ancora una volta abbiamo la presenza di una chiesa cristiana edificata in prossimità di un intenso luogo di culto pagano, in cui si incrociano correnti telluriche e cosmiche dai benefici influssi e dispensatrici di fecondità. La pietra ha la punta rivolta ad est. Inoltre abbiamo la presenza di una fonte di acqua sorgiva, altro simbolo esoterico fondamentale.







Isana è ricca di leggende e di storie, tra le tante ne citiamo due che ci paiono importanti:
1.La prima ebbe luogo nel 1944 o nel 1945 - chi ne fu testimone non ricorda l'anno esatto. Erano appunto gli anni in cui la seconda guerra mondiale volgeva al termine, quando evidentemente ancora convinto di ribaltare le sorti del conflitto Hitler spendeva ugualmente mezzi per ricerche esoteriche. Accadde infatti che una donna raccontò, qualche anno più tardi, un fatto che l'aveva vista involontaria protagonista. Arrivarono da lei alcuni ufficiali tedeschi che si fecero accompagnare immediatamente - era sera avanzata - presso la chiesetta di Santa Maria di Isana di cui lei possedeva le chiavi essendone custode. Stando alla testimonianza di chi ha personalmente sentito il racconto, la donna ovviamente impaurita obbedì e dovette stare molte ore sotto il controllo di due militari, mentre gli ufficiali misero a soqquadro tutto l'interno della chiesetta alla evidente ricerca di un qualcosa. La donna fece varie ipotesi, ma nessuna aveva una spiegazione plausibile: partigiani nascosti non ce n'erano, particolari ricchezze da depredare nemmeno, così come del tutto assenti altri motivi che giustificassero una notte di ricerche affannose. La risposta ce la propone la storia dello stesso sito, storia che parla della sua origine Templare su un luogo già anticamente conosciuto come pregno di energie telluriche e ricostruito probabilmente dopo il terremoto padano del 1117. A pochi metri di distanza si trovava, e si trova, una pietra con facoltà taumaturgiche. Cosa cercavano le SS? Non si sa di preciso, ma quasi certamente questa ad Isana è una spedizione, tra le tante, alla ricerca di un qualche oggetto “Sacro” della Cristianità, forse lo stesso “Gral”.
2.L’altra leggenda riguarda le “Tre Stelle Sorelle” cioè le tre Madonne nere di Isana, Crea ed Oropa che la vigilia della festa dell’Assunta, cioè a mezzanotte esatta del 14 agosto si vedono apparire, splendere ed affievolirsi in cielo. Abbiamo un mistero trinitario, un triangolo di energie telluriche che, in un particolare momento dell’anno, si “aprono” per poi spegnersi nuovamente. La stella è senza dubbio simbolo templare, san Bernardo stesso invitava a “guardare alla Stella” e si dice che la notte precedente il sacrificio del Gran Maestro Jacques de Molay esso recitò “Ave Maris Stella” insieme ai suoi compagni di sventura.

Indubbiamente grandi e tanti sono i quesiti che si pongono man mano che procediamo nelle nostre ricerche e continuamente Vi aggiorneremo sulle stesse continuando con “i confratelli costruttori” che, inevitabilmente, ci porteranno all’origine della nostra civiltà.

Gabriella Fogli

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