Ho abbastanza
apprezzato la serie tv in otto puntate “IL NOME DELLA ROSA” che ho appena finito di vedere in
streaming, ma da monferrino casalese sono rimasto perplesso, per non dire deluso,
dall’omissione di uno dei
personaggi principali del romanzo di Umberto Eco e del film di Jacques
Annaud del 1986 con Sean Connery tratto dall’omonimo romanzo.
I motivi li
esprimerò tra breve.
Dal
punto di vista storico non ho rilevato nulla di particolare da eccepire,
accettando il presupposto che la narrazione non deve essere fedelmente storica
ma necessariamente romanzata, anche per ovvie esigenze spettacolari e di puro
intrattenimento. La serie è ben realizzata e interpretata, si sono documentati
accuratamente, consultando approfonditamente la documentazione storica disponibile
per l’epoca in cui la
narrazione è collocata (salvo qualche eccessiva accentuazione e distorsione, di
cui accennerò in seguito), come del resto aveva già fatto Umberto Eco, solo che
l’autore aveva
valorizzato degnamente per la sua importanza storica e i suoi meriti uno dei
personaggi principali del suo romanzo, che faceva parte (nel romanzo) della
delegazione francescana partecipante alla disputa sulla povertà di Cristo (che
tra l’altro, grazie a
diversi studi recenti, è stato appurato essere falsa, Gesù era molto
presumibilmente di famiglia benestante e aveva diversi sostenitori economici
della sua attività di proselitismo, tra cui molte donne).
Mi
riferisco a Ubertino da Casale (allora Casale Sant’Evasio poi divenuta Casale Monferrato), che
è stato un eminente teologo spiritualista francescano, ritenuto all’altezza dei più grandi intellettuali e
studiosi della sua epoca oltre che amico personale di alcuni di loro. Cito per
esempio il filosofo Giovanni di Jandun esperto di Averroè e di Aristotele,
Michele da Cesena (Padre Generale dell’ordine
francescano dei Frati Minori), Guglielmo di Ockham (non a caso detto Doctor
Invincibilis) e Marsilio da Padova uno dei più grandi filosofi e scrittori
medievali. Le sue opere esercitarono notevole influenza sugli studiosi e
teologi successivi, tra i quali San Bernardino da Siena, in particolare la sua
visione escatologica e le proposte di radicale riforma della Chiesa nella più
schietta interpretazione francescana.
L'attore
statunitense William Edward Hickey interpretava Ubertino da Casale nel film
del 1986 di Jacques Annaud
Ubertino da Casale
per le sue idee ritenute pericolose ed ereticali dal papato, venne “confinato” per qualche tempo al Santuario francescano
della Verna, scelta che si rivelò controproducente per coloro che lo
confinarono. Infatti, in quel periodo scrisse l’“Arbor vitae crucifixae Jesu” che ebbe larga diffusione all’interno della Chiesa e dei vari Ordini
religiosi e lo fece considerare il padre spirituale del riformismo francescano
più rigoroso, ispirando anche diversi movimenti eretici. L’opera e la sua predicazione gli procurarono
fortunatamente la protezione di alcuni cardinali potenti (Colonna e Orsini)
senza i quali, molto probabilmente, Ubertino avrebbe fatto una brutta fine.
Nonostante le sue protezioni interne alla Chiesa ed esterne (l’Imperatore del Sacro Romano Impero), negli
anni successivi ricevette ben due scomuniche papali, dimostrando con la sua
coerenza e perseveranza il coraggio delle proprie idee contro la lussuria, l’avidità e la profonda corruzione morale e
materiale del papato avignonese. Sottolineo “avignonese”, riferendomi
chiaramente al periodo della cosiddetta “Cattività avignonese”, durato una
settantina di anni, nei quali la Chiesa era dominata dai francesi ed era la
conseguenza delle fortissime ingerenze sull’attività ecclesiastica del re
francese Filippo il Bello, lo stesso che distrusse i Templari.
In sintesi
Ubertino era un casalese di cui andare fieri, citato pure da Dante nella Divina
Commedia, alla fine del canto XII del Paradiso, seppur in forma indiretta e
forse lievemente critica …
Nel film di Jacques
Annaud del 1986 tratto dal romanzo di Eco, unico a essere stato
realizzato e dal quale non è possibile prescindere, seppur sia criticabile,
Sean Connery interpretava la parte di Guglielmo di Baskerville, che rammento
essere un personaggio fittizio, inventato da Eco ispirandosi quasi sicuramento
a sir Arthur Conan Doyle e al suo Sherlock Holmes, come si desume anche dal
luogo di provenienza del protagonista, un chiaro riferimento al più noto
romanzo di Doyle: Il mastino di Baskerville. Altra ispirazione molto più
recente potrebbe essere stata la scrittrice inglese Ellis Peters con il suo
protagonista, frate Cadfael, investigatore pure lui. Ebbene nel film Ubertino
da Casale compare a lungo e ha un ruolo di notevole rilievo, che non può
sfuggire neppure allo spettatore più distratto e indifferente, invece nella
recentissima serie tv scompare del tutto, non è neppure citato, se anche nella
massa delle comparse e degli attori vi fosse stato, rimane in ombra,
insignificante, forse perché neppure presente nella sceneggiatura e certamente
non nel filmato finale che è stato prodotto e trasmesso.
La parte narrativa
che nel film del 1986 era stata attribuita a Ubertino da Casale, cioè l’evocazione apocalittica con i riferimenti
simbolici delle sette trombe del giudizio finale, libro di Giovanni, Apocalisse
8:6 11:19, che sarà fuorviante ai fini dell’indagine svolta da Guglielmo da Baskerville
sui vari omicidi commessi nell’abbazia,
nella serie tv è attribuita al frate benedettino Alinardo di Grottaferrata
(altro personaggio fittizio, poiché non se ne trova traccia storicamente),
interpretato da Roberto Herlitzka, che nonostante il cognome è un bravissimo
attore italiano ultraottuagenario.
Nel lunghissimo
elenco del cast della miniserie tv della RAI (venduta in 135 paesi del mondo,
per dirvi quante centinaia di milioni di persone la vedranno e quindi quale
eco-Eco avrà a livello mediatico), Ubertino da Casale non risulta in nessuno
dei vari siti specialistici cinefili che ho consultato, il ché significa che
nessun attore lo ha interpretato, è semplicemente sparito come personaggio,
nonostante fosse uno dei più importanti (non certo secondari) nel romanzo di
Umberto Eco e anche nel film di Jacques
Annaud realizzato alcuni anni dopo la sua pubblicazione.
L'attore italiano
Roberto Herlitzka ha interpretato Alinardo da Grottaferrata nella serie tv.
Questa omissione NON PUO’ ESSERE CASUALE, perché è stata un’alterazione deliberata della narrazione
letteraria, forse con l’intento
di correggere un piccolo errore storiografico commesso da Eco: nel romanzo e
anche nel film del 1986, Ubertino da Casale era inserito come membro della
delegazione francescana che doveva partecipare alla disputa sulla povertà di
Cristo e della Chiesa, evento storicamente impossibile poiché nel 1327 Ubertino
vestiva ormai da dieci anni i panni benedettini, essendosi rifugiato presso l’Ordine Benedettino e poi postosi sotto l’ala protettrice dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Ludovico
il Bavaro, perché se fosse rimasto in quello francescano e si fosse
semplicemente nascosto in qualche monastero, anche sotto mentite spoglie, lo
avrebbero quasi certamente catturato (l’Inquisizione aveva spie e delatori ovunque)
e in seguito alla scomunica come eretico, essendo parecchio inviso al Papa e
alla Curia Avignonese, avrebbe fatto una brutta fine … Per
“brutta fine” non intendo certo riferirmi esclusivamente al rogo, come spesso è
sottinteso, poiché il rogo era solo l’ultima soluzione cui si perveniva nei
processi dell’Inquisizione, ma alle torture e all’imprigionamento in condizioni
estreme di privazione e patimento.
Pertanto gli
autori e produttori della serie tv potrebbero aver voluto “ambiguamente” correggere una distorsione
storico-culturale commettendone un’altra
ancora più grave, almeno per noi monferrini casalesi. Potrebbero cioè aver
sostituito il ruolo e l’identità
di Ubertino da Casale con quella del domenicano Alinardo di Grottaferrata, come
fosse stata la stessa persona sotto falsa identità, proprio perché a rischio di
cattura, tortura e rogo, cosa peraltro
apparentemente verosimile, se non fosse che:
-
l’escamotage non è mai neppure minimamente
svelato o sospettato nel dipanarsi della trama;
-
l’attore che ha interpretato Alinardo è
chiaramente ultraottuagenario mentre Ubertino all’epoca era di una quindicina di anni più
giovane, ed era tutt’altro
che un demente delirante e fanatico ossessivo come il personaggio della serie
tv interpretato da Herlitzka;
-
Ubertino
da Casale all’epoca
dello svolgimento dei fatti narrati (1327) doveva essere presso la corte dell’Imperatore Ludovico il Bavaro, l’unico in grado di proteggerlo in quel
momento.
Inoltre nel
romanzo come nel film e nella serie tv, oltre ad errori dal punto di vista
storiografico come quello da me segnalato inerente Ubertino da Casale, occorre
tener presente anche di alcune alterazioni o esagerazioni che esulano dalla
precisione storiografica, forse per esigenze narrative se non ideologiche e
morali, come ad esempio descrivere l’Inquisitore domenicano Bernardo Gui
(realmente esistito) come una specie di pericolosissimo sadico psicopatico,
intransigente e fanatico, mentre storicamente non risulta essere stato tra i
più feroci inquisitori, avendo nelle sue sentenze condannato a morte solo il 5%
degli imputati, circa il 30% al carcere e il resto mandato assolto oppure
condannato a penitenze di vario genere, non cruente. Nel film del 1986
addirittura Bernardo Gui è nel finale ucciso dagli abitanti del villaggio
vicino all’abbazia per odio verso la sua persona (avendo condannato al rogo
alcuni frati ex dolciniani e una ragazza accusata di stregoneria, cosa alquanto
inverosimile per la dinamica affrettata della sentenza e dell’esecuzione),
mentre nella realtà è morto alcuni anni dopo nella sua abitazione di Lauroux
nell'Hérault, diocesi di Lodève, dove rivestiva l’incarico di vescovo. Nella
serie tv, per recarsi all’abbazia gli è addirittura assegnata dal Papa una
forte scorta di soldati a cavallo, mercenari francesi con le insegne del Papa,
cosa del tutto improbabile, sia perché era già vescovo a Lodève e non mi
risulta continuasse a fare l’inquisitore e sia perché una così forte scorta
militare non veniva assegnata neppure ai cardinali e delegati papali per
missioni ad alto rischio.
Castello Paleologo di Casale Monferrato
E’ pertanto difficile trarre una conclusione
accettabile da questi indizi, la sola cosa certa è che come monferrini casalesi
siamo certamente stati penalizzati, avendo la serie tv oscurato uno dei
personaggi storici medievali di maggior importanza e notorietà della capitale
del Monferrato. Il nome di Casale sarebbe dovuto essere citato numerose volte
nel corso della serie tv con ampia risonanza mediatica negli spettatori, e
invece è stato omesso ingiustificatamente. Inoltre si è trattata anche di
un’arbitraria alterazione del romanzo, Umberto Eco da grande erudito qual era,
nonostante la secolare rivalità tra Alessandria (sua città natale) e Casale,
probabilmente non l’avrebbe gradita e ancor meno approvata.