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giovedì 20 novembre 2008

Simonetta Cerrini - I Templari: precursori di dialogo e convivenza

Nell'ambito della Festa della Cultura di Gorizia: conferenza di Simonetta Cerrini - I Templari: precursori di dialogo e convivenza
Incontro con la storica Simonetta Cerrini e il suo libro La rivoluzione dei Templari (Mondadori)
Presentazione di Andrea Bellavite
Sala Conferenze dei MUSEI PROVINCIALI di Gorizia
Località Borgo Castello (34170)
+39 0481533926 (info), +39 0481534878 (fax) - musei@provincia.gorizia.it
20 novembre 2008. ore 20,45
patrocini: Assessorato alla Cultura della Regione FVG, Provincia e Comune di Gorizia, e Fondazione Carigo

Note sull'autore e conferenziere: Simonetta Cerrini, storica medievalista specializzata sull'Ordine dei Templari
E’ nata a Chiavari (GE) nel 1964, e si è laureata cum laude all´Università Cattolica di Milano; nel 1998 viene nominata Docteur ès Lettres alla Sorbona con una Tesi sui Templari che riceve les félicitations du jury (Une expérience neuve au sein de la spiritualité médiévale: l´Ordre du Temple, 1120 - 1314. Etude et édition des règles latine et française.). L´edizione critica della Regola fornirà un volume del Corpus Christianorum Continuatio Mediaevalis (Brepols, Bruges). Dal 1997 al 2000 insegna Storia medievale alle Università di Cergy-Pontoise, di Boulogne-sur-Mer, di Nice e alla Pontificia Università Antonianum di Roma. Sui Templari, che restano il principale oggetto delle sue ricerche, ha pubblicato molti articoli che appartengono ormai alla bibliografia ufficiale dell’ordine del Tempio. L’ultimo libro su questo argomento, La rivoluzione dei Templari – Una storia perduta del Dodicesimo

lunedì 11 agosto 2008

La Via Iniziatica Templare

La Via Iniziatica Templare
Simboli,riti e misteri di un antico cammino spirituale alla luce delle moderne acquisizioni antropologiche
(pubblicato sul Quaderno di Parapsicologia volume 39 n. 1 del 2008, del Centro Studi Parapsicologici di Bologna: http://digilander.libero.it/cspbologna)
Autore: Sergio Antonio Laghi

“ La spada del Templare è il prolungamento
della sua essenza”
( Coomaraswami)

“ Tutto è cenere e polvere, tutto
salvo il Tempio che è in noi.
Esso è nostro.Esso ci accompagna
nei secoli dei secoli”
( Vladimir Maximov)

“ C’erano fuori nemici per distruggerlo
e dentro c’erano spie ed opportunisti
quando lui e i suoi uomini
posero mano a riedificare il muro.
Così edificarono come gli uomini devono edificare
con la spada in una mano e la cazzuola nell’altra.”
( T.S.Eliot)

“ Credo ut intelligam”
( S. Anselmo d’Aosta)
*** *** ***
L’origine della Cavalleria Iniziatica si perde nella notte dei tempi.Il suo seme è forse sparso nella vastità dell’Universo fino ai suoi estremi confini.
Ovunque nasca la vita e ove quest’ultima diventi autocoscienza e ricerca,ivi sorge la Cavalleria Iniziatica.
Nel nostro Pianeta il suo periodo più fortunato e la sua più felice espressione si sono verificati durante il Medio Evo.
La passione per lo studio dei suoi riti e dei suoi simboli,la lunga consuetudine con essi,la ricerca dei loro significati profondi,mi hanno indotto,unitamente al vivo interesse che provo nei confronti delle scienze moderne che riguardano l’uomo, a stendere queste poche pagine nel tentativo di collegare antiche intuizioni con le moderne vedute dell’antropologia e dell’etologia.
Esse vogliono essere un contributo ad una migliore conoscenza del “mistero uomo”.
“Se il Tao potesse essere presentato non vi sarebbe uomo che non lo presenterebbe al suo principe.
Se potesse essere avvicinato non vi sarebbe uomo che non lo avvicinerebbe ai suoi parenti.
Se potesse essere comunicato non vi sarebbe uomo che non lo comunicherebbe ai suoi fratelli.
Se potesse essere dato non vi sarebbe uomo che non lo darebbe ai suoi figli.
Ma ciò non è possibile”.
Sono parole di Lao Tze l’antico Maestro.
Il Tao è la Via,La Norma che pervade tutto e che non può essere spiegata né razionalmente intesa.
E’ la grande Tessitura,la Rete analogica che collega le cose,il Senso interrelato degli esseri.
“Per Esso sono state fatte le cose tutte e senza di Esso nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Giovanni 1,3)
“In principio era il Tao,alla base di tutto è il Tao, l’Intendimento che è oltre il Cielo e la Terra”.
“Prima che Abramo fosse Io sono” (Giovanni 8-58)
“Il Cielo e la Terra passeranno,ma le mie parole non passeranno”(Matteo 24-35).
Il Tao è Realtà elusiva e impalpabile come la materia prima degli alchimisti,comunissima,ubiquitaria,ma quasi sempre inconoscibile;ci giocano i bambini.
E’ il Logos,il significato profondo delle cose,il senso della vita,il motivo del mondo,che non si comunica,non si da,non si trasmette,non si presenta,non si insegna,non si descrive,non si immagina,non si concettualizza.
Questa Realtà non pensabile va semplicemente vissuta intuitivamente,profondamente,senza parole.Conoscere il Tao è divenire il Tao.
“Chi conosce il Tao “non ha più luogo ove posare il capo” essendo straniero nella propria terra,è “dolce come l’oceano,senza scopo come la brezza errante”,”silenzioso come un bambino che non ha ancora sorriso”. Chi approda al Tao “esce nel cielo sereno sotto la luna splendente”.
Tutto ciò è sensazione soggettiva e realtà oggettiva nello stesso tempo, è conoscenza e trasformazione.
Purtroppo vi è chi ha ridotto il significato del mondo ad una sensazione soggettiva “sine materia”,a nulla più che un prodotto della mente,a una pura astrazione,a un semplice ” ideale regolativo “.
E’ questo l’atteggiamento patologico dell’uomo contemporaneo figlio della società tecnocratica e razionalista,erede per altro degenere del secolo dei “lumi”,affetto da agnosia grave con perdita del senso della concretezza e atrofia della funzione intuitiva.
Pur essendo privato delle funzioni percettive superiori questo tipo di uomo,come tutti coloro che soffrono di agnosia, è totalmente ignaro del suo deficit per cui paradossalmente ritiene fuori della realtà coloro che di quest’ultima possiedono una percezione più allargata della sua.
In chiave iniziatica questo essere interiormente mutilato fornisce il paradigma dell’uomo profano (letteralmente “fuori dal tempio”) che non è riuscito a “convertire” se stesso,a passare cioè dal sonnambulismo razionale al risveglio intuitivo e che possiede così una dimensione in meno non riuscendo a percepire che un solo aspetto della realtà.
E’ l’uomo che posto di fronte al mondo e alla sua struggente bellezza ha la stoltezza e la presunzione di affermare che l’armonia e il senso di tutto questo (che peraltro egli avverte molto attenuati)non sono che un prodotto della propria mente ponendosi così egli stesso come misura di tutte le cose.E’ in definitiva il folle atto di paranoia cosmica della creatura che osa porsi al posto del Logos.
Come afferma un magnifico aforisma della mistica islamica:
“L’eccellenza è adorare Allah come se tu lo vedessi;
E anche se tu non lo vedi Lui ti vede lo stesso”.
Il profano,sempre che sia “libero e di buoni costumi”,può accogliere al massimo la prima parte dell’asserto.Solo l’iniziato,l’uomo che ha realizzato facoltà intuitive transpersonali,può afferrare la seconda.
“Chi non sa più sentire il significato del mondo-afferma Lao-Tze- è cieco e disperato”. Purtroppo in questi tempi di Kali-Juga questa possibilità catastrofica sta divenendo una realtà. E’ quanto afferma con l’incisività e la chiarezza di un profeta il grande etologo. Konrad Lorentz in uno dei suoi saggi dal titolo: “il declino dell’Uomo”.
“Il concreto reale pericolo che corre attualmente il genere umano-scrive Lorentz-non è solo e tanto costituito dall’inquinamento biologico o dalla possibilità di una guerra atomica quanto dalla progressiva e subdola trasformazione della coscienza dell’ ”Homo Sapiens” che ha come esito una atrofia dei processi conoscitivi superiori di tipo intuitivo.”
Questo lavoro vuole solo essere un piccolo contributo a una migliore conoscenza dell’apparato conoscitivo umano.
In esso ,come ho già detto,ho tentato di armonizzare i significati profondi degli antichi simboli della Tradizione Iniziatica Templare con le moderne acquisizioni della antropologia, della etologia e della psicologia. Ciò nella profonda convinzione della continuità,della unicità e della veridicità della Tradizione.
*** *** ***
Ogni uomo che intenda divenire realmente responsabile di se stesso si assume automaticamente tre impegni fondamentali:
-la autocostruzione della propria interiorità;
-la difesa della propria integrità spirituale;
-la attuazione delle proprie potenzialità affettive e intellettive.
La tradizione iniziatica templare assegna al Cavaliere consacrato,che è simbolo dell’uomo che inizia il viaggio verso se stesso,le tre funzioni principali di costruzione, difesa e consacrazione del tempio.
L’iniziato diviene così contemporaneamente muratore,guerriero e sacerdote.
Il termine “tempio” va naturalmente accolto nella sua più vasta triplice accezione di “imago hominis, ”imago mundi” , “imago dei”.
Tale più ampia significazione estende il raggio d’azione della responsabilità dell’uomo che deve rispondere non solo di se stesso,ma anche del mondo e della Divinità.
Per ognuna delle tre funzioni suddette (muratoria,difensiva,sacerdotale) esiste una ricca serie di simboli su cui è opportuno soffermarsi e che la Tradizione templare indica come oggetto di meditazione profonda da parte degli iniziati.
Così la funzione muratoria (edificazione del Tempio) raccoglie tutti gli elementi degli antichi costruttori di cattedrali che,”sub specie interioritatis”, diverranno strumenti simbolici di edificazione interiore.
Tali sono ad esmpio lo scalpello,il mazzuolo,la pietra,il filo a piombo,la livella,la cazzuola,la squadra ,il compasso, tutti strumenti ben noti alla tradizione libero-muratoria.
Analogamente la funzione difensiva richiama tutte le dotazioni tipiche del guerriero:armatura,spada,lancia,cavallo,elmo,celata,corazza,scudo,anch’esse leggibili i chiave simbolica alla stregua di armi spirituali.
Parimenti i numerosissimi simboli legati alla funzione sacerdotale: Croce,mantello,tonaca,calice,Vangelo,alloro,ulivo,ecc… indicano la massima realizzazione coscienziale dell’iniziato che divenendo soggetto di se stesso può esplicare tutto l’intelletto e l’amore di cui è dotato divenendo realmente “sacerdos sui”.
*** *** ***
L’intelletto dell’uomo,inteso nel senso più ampio del termine, è una realtà binomiale logico-intuitiva o volitivo-intellettiva.
Per poterlo significare in modo soddisfacente ho ritenuto opportuno servirmi di alcuni simboli appartenenti alla tradizione templare.
Mi riferisco:
- al binomio muratorio squadra-compasso;
al simbolo “guerriero” della spada nella sua duplice complementare composizione taglio-punta o elsa-lama;
all’effigie del sigillo templare rappresentante due cavalieri sullo stesso cavallo.
Essi saranno presi in esame successivamente.
L’argomento del presente lavoro verrà trattato in perfetta ossequienza alla “dualitudine templare”, in due chiavi: una chiave razionale logico-analitica e una chiave intuitiva simbolico-analogica.
Dalla armonica comprensione delle due visioni può scaturire un “insight” conoscitivo a livello superiore.
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L’apparato conoscitivo dell’uomo ha generato durante la filogenesi due organi diversi che funzionano indipendentemente l’uno dall’altro per venire a capo del medesimo compito.
Ci riferiamo ai processi razionali propriamente detti e a quelli cosidetti “raziomorfi” rispettivamente rappresentati dall’emisfero sinistro e dall’emisfero destro del cervello umano.
Più esattamente diciamo che nell’emisfero sinistro sono localizzate le funzioni del pensiero logico e del linguaggio e in quello destro la maggior parte delle esperienze di tipo emozionale soprattutto la visione complessiva, olistica,di tutta la nostra esperienza stessa,la percezione gestaltica o percezione delle forme.
L’intelletto dell’uomo ha infatti due possibilità conoscitive:
-una più recente,logica ,analitica,discorsiva,che si esprime col concetto tramite la parola scritta o orale;
-l’altra più antica,intuitiva,diretta,immediata,in grado di rivelare significati nascosti e non obbiettivabili e che si serve del simbolo
Le attività della prima sono:
la concettualizzazione,che è l’atto di rappresentazione mentale astratta di un oggetto;
il giudizio,che è l’atto con cui si afferma o si nega un determinato rapporto tra due concetti;
il ragionamento,che è l’atto con cui da alcuni giudizi se ne deduce un altro ad essi logicamente connesso.
La seconda forma di conoscenza o conoscenza intuitiva o percezione gestaltica o percezione delle forme,è il fonte più avanzato della conoscenza umana,la punta di lancia (Lorentz) che lo spirito umano sospinge nell’ignoto,ma al tempo stesso essa è custode del già noto,un magazzino nel quale è stato pazientemente accumulato un materiale di dati conoscitivi molte volte maggiore di quello che potrebbe contenere la nostra memoria.
E’ scientificamente dimostrato che il contatto ripetuto e protratto dell’uomo col mondo vivente in particolare con le sue due espressioni più caratteristiche che sono la forma e la grazia, è fattore determinante,tramite la produzione e l’immagazzinamento di immagini,nello sviluppo di questa importantissima facoltà conoscitiva.
La conoscenza intuitiva essendo irriflessa e conducendo a risultati enormemente superiori a quelli conseguibili con la logica,può assumere l’aspetto di una vera e propria rivelazione dall’esterno o dall’alto.
La sua natura è invece del tutto meccanica:essa si rivela nel fatto che ha bisogno di materiale costituito dai dati.
Il suo compito è quello di scoprire dei rapporti tra i dati sensoriali o anche tra unità più ampie della percezione.
Questa funzione è di per sé un piccolo atto creativo.
L’integrazione di due sistemi già esistenti e in grado di funzionare ciascuno per conto suo,crea una nuova unità,un sistema che li comprende e presenta delle caratteristiche che prima della integrazione non esistevano(Lorentz).
Sulla facoltà umana di percepire le forme si fondano:
La costanza della grandezza delle immagini;
la costanza del colore;
l’atto del “realize” (il trasalimento di stupore di fronte al fatto che una cosa, già nota,esiste);
la nostra sensibilità per le armonie esterocettive (musicali,visive,gustative,olfattive,tattili) e propriocettive
Le ripercussioni sulle attività quotidiane della vita pratica sono infinite:
si va dalla forma (solo apparentemente) più modesta del cosiddetto “ buon senso” all’”occhio clinico”,alla eccellenza professionale in campo artistico,artigianale,sportivo,scientifico, fino alla vera e propria genialità o fino a raggiungere addirittura stati di coscienza ontocentrici,transegoici,contemplativi.
Filosoficamente diciamo che tale facoltà intuitiva permette di percepire gli aspetti coestensivi dell’essere delle cose (quello che gli antichi scolastici definivano i trascendentali dell’essere,cioè la verità,la bontà, l’unità la bellezza e l’ordine che sono in ogni cosa.
Mentre la conoscenza derivante dal pensiero razionale propriamente detto (o conoscenza Yang della antica filosofia cinese) è una conoscenza concettuale e come tale indiretta,parziale,delimitante,possessiva,che cerca di cogliere solo certi aspetti prestabiliti e che non implica una trasformazione del soggetto conoscente,la conoscenza della facoltà intuitiva ( o conoscenza Yin ) è diretta,coinvolgente,esposta ,nuda e coglie l’oggetto nella sua totalità,forma,natura,nel suo significato profondo,nel suo messaggio,in un incontro disinteressato,intimo,profondo in cui non esiste possessività,ma accettazione che feconda e arricchisce.
La facoltà intuitiva merita ancora due considerazioni fondamentali:
-va preparata e maturata fin dalla tenera età (l’arborizzazione dei neuroni e l’accensione dei circuiti è un fenomeno per lo più limitato alle primissime età della vita);
-va mantenuta e alimentata con la ripetizione degli stimoli.
E’ acquisizione comune infatti che le armonie musicali,visive,gustative,sono finemente apprezzabili solo dopo reiterate esperienze e che il potere interiorizzante dei riti si ottiene solo con la ripetitività.
Non a caso i bambini che sono immersi naturalmente nel pensiero simbolico chiedono infinite ripetizioni della stessa favola.
Anche se per necessità didattiche abbiamo tenuto distinte e trattate separatamente queste due modalità conoscitive (logica e intuizione),va detto tuttavia che in realtà la conoscenza delle cose avviene contemporaneamente tramite entrambe le funzioni: uno stesso oggetto,una stessa parola hanno sia valenze simboliche che concettuali.
La logica e l’intuizione sono infatti due aspetti complementari dell’intelletto (“grande intelletto” secondo Buber) distinti,ma non separabili completamente. La logica priva di intuizione è una fredda,improduttiva,arida,piatta griglia robotica; l’intuizione che ha perso i contatti con la logica è una farfalla impazzita,un automezzo lanciato in una strada sdrucciolevole,e come tale può esitare in una forma di nichilismo metafisico.
La imprescindibilità della logica dalla intuizione è dimostrata tra l’altro,dalle stesse parole che sto spendendo in queste pagine nell’intento di descrivere i processi intuitivi,parole che sono costruite sulla logica e basate sulla dimostrazione.
Ogni percezione di armonie ha una base logico-matematica ma non può essere ridotta a questa. Due esempi pratici:
Per passare dalla solarità trionfante,risolutiva di un accordo maggiore alla lunarità triste,irrisolta ,lontana del rispettivo accordo minore,devo abbassare di un semitono,cioè bemollizzare,la nota mediana dell’accordo.
La musica araba dal flusso uguale,incessante,ostinato “che inebria,che colma di stupore,che come un vapore narcotico intorpidisce voluttuosamente il pensiero ”,come ha scritto un noto autore, ha una base razionale,matematica,cioè gli intervalli tra le note sono un terzo di tono.
Mentre i moderni riduttivisti “dall’alto” privi di intuito spiegano la bellezza di una cosa con una formula o un rapporto sottostante gli uomini che hanno guadagnato piani coscienza superiore sentono che il rapporto o la formula ci sono perché possa esserci la bellezza. La Creazione prima ha creato la materia,poi la struttura,poi la funzione poi i significati sempre più profondi.
Tra intuizione e logica nella vita dell’uomo che ha intrapreso la via dell’iniziazione,esiste un rapporto evolutivo particolare. L’intuizione va gradualmente anteposta alla logica pur rimanendo ad essa saldamente vincolata e da essa imprescindibile.
In altre parole si può dire che l’iter conoscitivo dell’uomo che intenda realizzarsi va dalla visione logico-analitica a quella intuitiva,dalla conoscenza alla coscienza,dall’idea alla realtà,dall’ideale regolativo alla coscienza ontologica,dal pensare all’essere,dall’ “intelligo ut credam” al “credo ut intelligam”.
Tale excursus è mirabilmente definito in tre famosi versetti Zen:
-Prima di praticare lo Zen,le montagne mi sembravano montagne e i fiumi
mi sembravano fiumi.
-Da quando pratico lo Zen vedo che i fiumi non sono più fiumi e le
montagne non sono più montagne.
-Ma da quando ho raggiunto l’illuminazione,le montagne sono di nuovo
montagne e i fiumi sono di nuovo fiumi”.
E’ evidente il passaggio dalla prima fase di conoscenza concettuale a una seconda fase in cui si avverte l’inadeguatezza di tale conoscenza,fino a una terza fase di percezione diretta intuitiva,immediata,illuminante.
Il suddetto iter evolutivo interiore è anche magnificamente simboleggiato dal reciproco dinamico interrelarsi dei due classici strumenti muratori,squadra e compasso che le Confraternite dei Costruttori di Cattedrali pongono da sempre sul Libro Sacro aperto alla pagina della . “Divinitas Verbi” a mo’ di chiave di lettura,di “Ianua Coeli”,di porta della verità. I tre diversi rapporti che successivamente assumono tra di loro nei tre classici gradi iniziatici i due strumenti, esprimono le tre fasi evolutive dello spirito umano.
Così ad una prima fase in cui la ragione prevale sulla intuizione (simboleggiata dalla sovrapposizione della squadra al compasso:grado di apprendistato muratorio) segue una seconda fase (grado di compagnonaggio)in cui un’asta del compasso scavalca un braccio della squadra(aumento della capacità intuitiva rispetto a quella precedente) fino al realizzarsi della terza fase (grado di maestro)in cui il compasso con le aste notevolmente divaricate e sovrapposto alla squadra indica la prevalenza dell’intuizione fiduciosa sulla ragione:è il “credo ut intelligam” anselmiano.
Mi piace pensare che anche nell’immagine classica del sigillo templare che raffigura due cavalieri avvolti nello stesso mantello e posti sulla stessa cavalcatura,il cavaliere che sta davanti alla guida del cavallo con la lancia in mano rappresenti la facoltà intuitiva,mentre l’altro che sta dietro impugnando la spada significhi la ragione che controlla l’operato del primo.
La stessa situazione interiore può chiaramente leggersi simbolicamente, a mio avviso, nella grande scena drammatica del Golgota che mostra il Cristo crocifisso tra i due ladroni:la Verità tra la ragione e la fede.Alla domanda senza risposta del primo ladrone che sfida Gesù chiedendo una dimostrazione evidente (“se tu sei il Cristo salva noi e te stesso”) simbolo della ragione che rimane sempre insoddisfatta,fa seguito la richiesta fiduciosa del secondo crocifisso,frutto del lampo intuitivo della fede (“Gesù,ricordati di me quando sarai nel tuo Regno”). E’ ad essa e solo ad essa che giungerà la risposta rassicurante del Figlio dell’Uomo:”oggi stesso sarai con me in Paradiso” e che andrebbe forse piuttosto letta:”tu che hai capito questo sei già nell’Eternità”.
E’ in definitiva la stessa risposta intuitiva,salda come una roccia che Simone bar Giona,presso la rupe di Cesarea dà al Maestro che aveva chiesto:”chi dite che io sia?”.Risposta che non deriva da fonti dottrinali o da elucubrazioni interiori o da emotività particolari,ma che trova la sua origine nella parte più profonda della coscienza,nei “Cieli” interiori dove da sempre regna il Padre. Su tale sicurezza interiore- insegna il Maestro- si deve fondare l’Umanità,l’Ecclesia Universale illuminata e fecondata dallo Spirito di Verità.
Nella Storia Sacra questa conoscenza “yin “ è splendidamente rappresentata da tre figure femminili :Eva, Maria di Nazareth, Maria di Magdala :tre forme di apertura della mente ( Eva che causa la”caduta”che è l’inizio della ominizzazione del bruto e (che ha un prezzo dolorosissimo:la consapevolezza della morte), Maria di Nazareth che nelle splendide parole del Magnificat esprime l’accettazione fiduciosa di un piano di Trascendenza che preveda la nascita di un nuovo tipo di Uomo,un Mutante dotato di Coscienza cosmica e infine Maria di Magdala che nella visione del Risorto intuisce per prima l’essenza della immortalità .
Il recupero di tale modalità conoscitiva filogeneticamente più antica (nella sua parte inconscia,istintiva, non nella parte neotenica consapevole)è in realtà una necessità inderogabile della specie “Homo Sapiens” se vuole conservare se stessa e procedere ulteriormente nel cammino filogenetico della conoscenza. Nel mondo biologico il processo di recupero di caratteristiche ancestrali allo scopo di rivitalizzare l’evoluzione della specie,è un fenomeno molto comune.Esso prende il nome di neotenia.
Le parole di Gesù ancora una volta esprimono magnificamente tutto questo:”se non tornerete come bambini,non entrerete nel Regno”.
Certo che tra i numerosi simboli “guerrieri” della Tradizione Templare (funzione difensiva del tempio)la spada è certamente il più pregnante e caratteristico.Esso è al centro del nostro argomento.
Ogni uomo che nasce riceve in dono il bene supremo dell’intelletto che è fattore caratterizzante della specie “Homo Sapiens”.
Analogamente ogni guerriero che viene consacrato riceve in dono una spada che è l’arma della conquista del mondo.
La spada è dunque “sub specie interioritatis” lo spirito,l’intelletto dell’uomo inteso nella sua accezione più ampia (“grande intelletto” secondo Buber) e cioè nelle sue funzioni razionali propriamente dette(o logico intellettive),intuitive,autocoscienziali, volitive.
La spada del Templare-afferma Coomaraswami- è il prolungamento della sua essenza.
Il cavaliere consacrato riceve dunque una spada spirituale che ha nella salda impugnatura dell’elsa il simbolo della volontà;
che ha il taglio affilato,continuo,consequenziale della logica,duplice e opposto nella sua simmetria quale si conviene nel gioco della dialettica degli opposti;una spada che ha la punta acuminata e penetrante della intuizione e che reca sul dorso la lucentezza specchiante della autocoscienza:su di esso sono incise le rune misteriose della vita in una percezione diacronica,patetica,totisimultanea della propria storia in cui vibra alto il pathos della propria vicenda esistenziale: una spada che può avere il peso immenso del mondo e che solamente la grande immensa forza spirituale di un Mutante,di un Figlio dell’Uomo,può impugnare e sollevare dopo averla estratta dalla roccia dei propri inferi.
Una spada che le diabolizzanti forze controiniziatiche tentano da sempre di spezzare (e quasi sempre vi riescono) separando così il Cielo dalla Terra,questo mondo dall’altro mondo,la mente dal corpo, lo spirito dalla materia,il caso dalla necessità ,la Fede dalla Ragione,Dio dall’uomo,il pensiero dall’azione.
Una antica frattura questa,una ferita dolorosa che ci portiamo dentro da tempi immemorabili e che l’epoca attuale minaccia di aggravare e di rendere irreversibile.Un equivoco epistemologico,un deficit di conoscenza e di amore che nel mondo profano chiamiamo morte.Come scrive Meirink nel suo celebre libro “Il Domenicano Bianco:”Il regno di lassù e quello terrestre…in sé ognuno rappresenta una metà,solo insieme essi costituiscono un tutto”. Conoscerete certo la leggenda di Sigfrido:la sua spada era spezzata in due parti;Alberico,l’astuto nano,non era riuscito a rinsaldarla perché era un verme della terra,ma Sigfrido ne fu capace.La spada di Sigfrido è il simbolo di quella duplice vita.Come si possa risaldarla tanto da farla divenire tutta di un pezzo,è un mistero che chiunque voglia divenire un cavaliere deve conoscere.
Il regno di lassù è perfino più reale di questo qui sulla terra. L’uno è un riflesso dell’altro o per dir meglio il regno terrestre è un riflesso di quello lassù e non viceversa”. “Там подлинник , здес бледность копийTam podlinnik,zdes blednost kopii”(”Là l’originale,qui la sbiaditezza della copia”) scrive Boris Pasternak.
Dello stesso parere è Ouspenski il celebre allievo di Gurdjeff : “Quel mondo e il nostro mondo non sono due mondi diversi:il mondo è unico.Ciò che chiamiamo “il nostro mondo” è semplicemente l’errata percezione del mondo visto da noi attraverso uno stretto spiraglio.Quel mondo comincia ad essere percepito da noi come”il mondo dei prodigi” cioè come qualcosa di contrapposto alla realtà di “questo mondo”e nello stesso tempo “questo mondo”,il nostro mondo terrestre comincia a sembrare irreale…La chiave per accedere a quel mondo è il senso del portentoso. L’ostacolo principale al nostro cammino è la nostra divisione del mondo,in questo e in quell’altro…”
E da ultimo Sri Aurobindo:”Il Cielo nella sua estasi sogna una terra perfetta,la Terra nella sua pena sogna un Cielo perfetto,una paura incantata impedisce la loro unione.”
Saldare la spada spezzata è il segreto che deve conoscere ogni Cavaliere.
Significa instaurare un ottimale rapporto,un efficiente sinergismo dinamico,una perfetta convergenza,tra due funzioni conoscitive superiori (razionali e raziomorfe).
Se la nostra spada è intatta,se le nostre due modalità conoscitive lavorano armonicamente e in perfetta coordinazione,allora potremmo percepire la grandiosa varietà della Creazione e al tempo stesso la sua intima regolarità. Potremo scorgere in una parola nella foresta gli alberi e negli alberi la foresta.
La percezione della bellezza,della bontà,della verità,dell’unità e dell’ordine delle cose,l’armonia che vi è tra di esse,unitamente alla lucida consapevolezza dei limiti del nostro apparato conoscitivo,ci renderanno umili e nel contempo fiduciosi.
L’umiltà scaturisce,come abbiamo detto,dalla profonda convinzione della limitatezza del nostro apparato percettivo,dalla rinuncia alla criminale superbia che i confini dello scibile siano i confini del nostro apparato conoscitivo.
La fiducia nasce dalla convinzione della realtà dell’immagine del mondo esterno,mondo la cui obbiettività conoscitiva è,seppure in grado variabile da specie a specie,un dato ben dimostrato,nasce dalla constatazione della bellezza e della grandiosità del mondo,nasce dalla percezione del nostro perfetto inserimento nel mondo di cui siamo tutti interi e di cui portiamo la responsabilità.
Allora non vedremo più l’uomo come lo vede Jaques Monod come uno straniero solo e sperduto ai margini dell’Universo.
Né lo vedremo come lo vede l’idealismo trascendentale di Kant come il polo opposto e l’antagonista di un mondo di per se stesso per principio in conoscibile (Lorentz).
I simboli del mondo cadono continuamente nei nostri terreni interiori,germinano e dànno luogo alle nostre grandi piante spirituali.In esse si posano gli uccelli del cielo (le grandi intuizioni con le quali noi contribuiamo a conservare e a salvare il mondo). L’impoverimento del mondo, il degrado ambientale vanno di pari passo con la decadenza e lo sgretolamento delle attività conoscitive più elevate dell’uomo,essendone causa e nel contempo effetto..
“La terra è nostra madre-dicono le parole altamente poetiche di un grande capo indiano. Qualunque cosa succeda alla terra succede ai figli della terra.Se gli uomini sputano sulla terra sputano su se stessi. Questo noi sappiamo,La terra non appartiene all’uomo,ma l’uomo alla terra.Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia……L’uomo non ha tessuto la trama della vita:egli è un filo.Qualunque cosa egli faccia alla trama egli lo fa a se stesso.”
Occorre dunque riimparare a vivere nel mondo in tutti i sensi e con tutti i sensi,occorre riinsegnare ai bambini (o almeno a non impedire loro) a servirsi dei canali sensoriali e percettivi,a guardare,a sentire di guardare,a osservare,ad ascoltare e a toccare,a odorare,a gustare e a sentire di fare tutto questo,occorre incoraggiare la stupefazione,la fiducia,occorre non reprimere,ma canalizzare nel modo migliore l’emotività. Occorre salvaguardare e proteggere tutti i piccoli fratelli viventi:le piante e gli animali.
Da questa rinascita sensoriale e percettiva germinerà la commozione,la simpatia,la compassione,la solidarietà,l’empatia verso tutto il mondo vivente fino alle epressioni più alte della evoluzione onto- e filogenetica dell’ ”Homo Sapiens”: l’amore per il prossimo e il perdono al nemico.
Mi piace spesso citare un detto induista che esprime la progressiva comparsa e trasparenza dell’Essere nel mondo: “Dio dorme nelle pietre,sogna nelle piante,si sveglia negli animali e si contempla nell’uomo”.Questo mondo,questo nostro mondo che noi appena usciti dallo stadio delle scimmie antropomorfe,percepiamo ancora così oscuramente,ci potrà comparire nel suo immenso splendore,quando avremo realizzato il progetto che è già scritto nei nostri cromosomi.
“Ragazzo -dice il poeta Nazim Hikmet-
Non vivere su questa terra come un inquilino
O come un villeggiante nella natura;
Vivi in questo mondo
Come se fosse la casa di tuo padre.
Credi al grano,alla terra,al mare,
ma prima di tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca
Del pianeta che si spegne
Della bestia che è inferma,
ma prima di tutto senti
la tristezza dell’uomo.
Se ci rendiamo conto di essere tutti interi di questo mondo,noi comprendiamo che di questo mondo portiamo tutta intera la responsabilità.
E l’apice della responsabilità è rivolta al prossimo.
Con questo atteggiamento umile e nel contempo ottimista,non concepiremo più l’”al di là” come una proiezione fantastica e angosciata,astratta e irreale come i “ loca pallida” dell’Ade pagano o lo Scheol ebraico, vere e proprie valli delle ombre,copie sbiadite di questo mondo,ma come il risveglio esistenziale a quella stessa unica realtà che ora comprendiamo solo in parte “per speculum in enigmate” attraverso lo specchio circoscritto,annebbiato e fuligginoso dei nostri concetti e che allora (non certo nel senso cronologico di “dopo” e spaziale di “dove”),nella mattina meravigliata del mondo in una dimensione metatemporale,potremo vedere faccia a faccia nella sua interezza non più con occhi di bruco,ma con occhi di farfalla.”
Chi ha ancora il proprio compasso dietro la squadra,chi ha la spada ancora spezzata, chi antepone l’attività puramente razionale a quella intuitiva,non può ancora comprendere questo: predominando in lui l’aspetto logico discorsivo-deduttivo dimostrativo,continuerà a porsi le eterne domande:come,quando,perché,in che modo;chi siamo,da dove veniamo,dove andiamo (domande che nel nostro mondo,nel nostro attuale piano di coscienza,non hanno,non possono e non potranno mai avere risposta).
Costui potrà tentare fantasiose o cerebrali elucubrazioni mentali,abili e ammirevoli costruzioni teologiche,adducendo infinità di prove e dimostrazioni,oppure stanco di tutte queste vane e inutili masturbazioni interiori potrà esitare,negando piani superiori di coscienza,in un razionalismo materialista o in una devozionale gretta passiva acquiescenza fideistica a chi garantirà per lui.
Colui che invece è riuscito ad anteporre il compasso alla squadra,chi è riuscito a divaricare le aste dello strumento applicando il “credo ut intelligam” anselmiano o addirittura l’”amo ut credam” francescano, chi è riuscito a saldare la propria spada,chi ha iniziato la via di questa conoscenza sapiente,accettante,non possessiva,non aggressiva,chi si lascia seminare,invadere,penetrare dai simboli viventi del mondo,comincerà a vedere in tutte le cose bagliori di eternità.
In termini psicologici è l’inizio di una dilatazione coscienziale,in termini biologici sono i prodromi di una mutazione,in termini iniziatici è il dono della Luce,in termini cristiani è l’inizio della Resurrezione.
Ad maiorem Dei gloriam
Sergio Antonio Laghi

mercoledì 16 luglio 2008

XXVI Convegno di Ricerche Templari - 2008.

L.A.R.T.I. - Libera Associazione Ricercatori Templari Italiani.
XXVI Convegno di Ricerche Templari - 2008.
Luogo e data: Castello di Moncucco Torinese - 20 e 21 settembre 2008.
Per informazioni storiche sul luogo e la sua scelta, vedi l'apposita sezione laterale nel blog.
Programma: - sabato, ore 9,30-13,00 - presentazione delle relazioni:
- Pierstefano Berta: "Il ruolo dei Templari nella contesa tra Corrado di Monferrato, re di Gerusalemme, e Riccardo Cuor di Leone"
- Bianca Capone: "San Giacomo e Santa Cristina, le chiese della mansione templare di Jesi"
- Loredana Imperio: "Chinon 1308: gli interrogatori dei dignitari del Tempio"
- Enzo Valentini: "Safed, castello templare in Galilea"
- Domenico Capolongo: "Fellino, sede templare presunta in Campania" (comunicazione)
- sabato, dalle 15,30:
- Dimostrazione di arcieria medievale a cura della Corporazione Arcieri Storici Medievali (C.A.S.M.)
- Visita del castello di Moncucco, sede del convegno
- Presentazione del vino "Freisa del templare di Moncucco" con la relazione "Il vino nel Medioevo" di Enzo Valentini
- domenica, ore 9,30-13,00 - presentazione relazioni:
- Raymond Pierre Gay: "St. Christophe de Brignoles"
- Salvatore Fiori: "I Lusignano al ritorno dalla II Crociata. Tracce ed evidenze monumentali del loro passaggio"
- Bianca Capone: "Alla Madonna di Finestra, sulle Alpi Marittime, c'erano i Templari?"
- Michele Fiory: "Rassegna bibliografica sull'Ordine del Tempio"
- Enzo Valentini: "San Domenico, chiesa templare di Bonifacio, in Corsica" (comunicazione)
Note:
- Il convegno è aperto al pubblico e non prevede alcuna quota di partecipazione.
- Al convegno interverrà una delegazione, in abito storico, della Corporazione Arcieri Storici Medievali (C.A.S.M.), con cui la L.A.R.T.I. è gemellata dal 2005.
Informazioni:
- Enzo Valentini: 0761-443149 (anche fax) - segreteria.larti@libero.it

martedì 15 luglio 2008

I Templari in Monferrato, la prima abbozzata alleanza che costituirà quello che diverrà il Piemonte, la ricostruzione del Duomo di Casale S. Evasio

Di Claudio Martinotti

E' risaputo che il Marchese Bonifacio II di Monferrato detto il Gigante (governò lo Stato di Monferrato dal 1225 al 1253) nutriva un odio viscerale verso Alessandria (che era stata fondata da pochi decenni in funzione antimperiale).

Il 19 aprile 1227 strinse un alleanza con Asti contro gli alessandrini, anche se tale alleanza, rinnovata ancora nell'agosto dell'anno successivo, non approderà a nulla di concreto in termini bellici e politico militari. Fino alla fine del suo marchesato egli continuò a combattere accanitamente contro i vicini, in particolare Alessandria ed i suoi alleati lombardi. In sostegno di Alessandria si attivarono infatti a più riprese gli eserciti della Lega Lombarda e di Milano in particolare.

Bonifacio cercò alleanze anche coi Marchesi di Saluzzo ed i Conti di Savoia, ma non fu sufficiente per contrastare le forze ostile scese in campo contro di lui. Nel 1231 dopo un assedio durato oltre 4 mesi subì anche la perdita di Chivasso che all'epoca era capitale dello stato.

La Storia ufficiale spesso trascura alcuni particolari ritenuti probabilmente poco significativi (o addirittura insignificanti), inerenti aspetti apparentemente secondari, di storia locale. Ma per me sono tutt'altro che trascurabili. Vediamone alcuni.

L'alleanza di Bonifacio con gli astigiani sapete dove si svolse? Dal Codex Astensis (detto anche "Malabayla", una raccolta trecentesca di cronache e documenti medioevali riguardanti Asti) che riporta fedelmente un documento del 21 maggio 1227 di ratifica del trattato di alleanza sottoscritto circa un mese prima (cui ho fatto cenno), si desume che l'atto fu sottoscritto nell'aia coperta della Mansione Templare di Santa Maria del Tempio di Asti. Asti all'epoca era il più potente ed importante comune della regione, centro di attività di numerosi banchieri e commercianti, sede della più importante Precettoria Templare dell'area regionale, alcuni anni prima (1203) si era addirittura svolto un Capitolo Generale dell'Ordine, e con questi requisiti si sarebbero limitati ad ospitare occasionalmente e superficialmente un simile accordo? Come farebbe in epoca attuale un qualsiasi agriturismo? O è logico dedurre che vi abbiano avuto voce in capitolo? Che possano avere indotto e favorito un simile esito storico?

Casale che pochi anni dopo divenne possedimento di Bonifacio, era a Sua volta sede di una Precettoria Templare, denominata di Santa Maria del Tempio (ubicata nel duecento in via Templi) con diverse proprietà sparse ed edifici, anche di culto, soprattutto nell'attuale frazione che porta ancora il nome della Precettoria, in direzione di Frassineto, che all'epoca era un'area densamente popolata e con intensi movimenti di merci e persone e scambi commerciali e vi erano frequentemente controversie per il pagamento dei dazi e gabelle ai quali i Templari cercavano di mediare. Nella sede urbana possedevano probabilmente diversi edifici in una certa "via Templi", che dovrebbe corrispondere all'attuale Vicolo dei Templari (via Aliora, a poca distanza da Duomo), nel quale sono ancora riscontrabili degli edifici con caratteristica architettonica e funzionale tipica di una Precettoria Templare. Vi sono dubbi interpretativi tra gli studiosi se il principale insediamento Templare fosse collocato in città o nell'attuale frazione portante ancor oggi la stessa denominazione medievale attribuibile ai Templari (un fatto che costituisce una rarità nel panorama italiano).

La presenza Templare in Casale (Casale S. Evasio, all'epoca) e dintorni doveva essere piuttosto importante ed "ingerente" sulle attività comunitarie, considerando che molto probabilmente furono loro a far ricostruire il Duomo di Sant'Evasio dopo l'assedio, il saccheggio e la distruzione del borgo avvenuto nel 1215 ad opera della potentissima alleanza dei conti di Savoia e di Biandrate, coi vercellesi, alessandrini e milanesi (mancavano solo gli astigiani ...).

Ad Alessandria i Templari erano probabilmente presenti con la sola mansione di Santa Margherita "de Sterpono" (luogo di sterpaglia), fin da prima della Fondazione della città, che divenne poi Santa Margherita della contrada "Bergoglio", che disponeva di un paio di possedimenti esterni alla città, in quella che attualmente è la frazione di San Michele. Si tratta di un paio di cascine poste a poca distanza tra loro, che all'epoca erano dedite all'accoglienza dei pellegrini, ad ospitare i Templari, ed all'attività agricola gestita dai "fratelli di mestiere". Niente di paragonabile come importanza alle Precettorie di Casale e di Asti (quest'ultima ritenuta una delle più importanti d'Italia).

Ogni singolo lettore, spero affascinato da questi particolari, potrà riflettere autonomamente sui potenziali sviluppi di simili informazioni, tenendo conto che i Templari erano abili a tessere trame senza comparire in prima persona (arte della diplomazia e della politica) tranne nella fase finale della loro storia ufficiale, conclusasi come sappiamo anche per la mediocrità ed eccessiva intransigenza del Suo ultimo Gran Maestro Jacques de Molay ... All'epoca dei fatti citati l'Ordine del Tempio era la più potente organizzazione monastico militare e politico commerciale del Medioevo (quella che attualmente si definirebbe una "multinazionale" potentissima, con un bilancio complessivo superiore a quello di decine di Stati messi insieme) e forse la più potente di tutti i tempi, aveva un patrimonio immobiliare e di beni mobili superiore a quella di numerosi regni europei, con decine di migliaia di possedimenti ed insediamenti in ogni parte del Mediterraneo e d'Europa, tra i quali interi porti, innumerevoli castelli e fortezze e monasteri ... e secondo Voi è ipotizzabile che si siano limitati ad ospitare ad Asti presso un loro insediamento un evento di tale importanza, senza averlo predisposto strategicamente? È possibile che si siano limitati a comportarsi come avrebbe fatto un qualsiasi moderno agriturismo, offrendo solo ospitalità per la firma dello storico accordo? Io credo di no.

I Templari non corrispondevano affatto al ritratto, piuttosto riduttivo, fornito dall'iconografia e storiografia ufficiale (poi assunta mediaticamente) di guerrieri coraggiosi ma rozzi e/o banchieri più o meno avidi, dediti alle gozzoviglie, intemperanze e violenze di vario genere. Soprattutto a livello di leadership svolgevano attività complesse e diversificate, in particolare quella che oggi definiremmo "mediazione culturale", erano soliti assimilare le culture dei popoli, gruppi e sette, coi quali interagivano, più che non i conflitti amavano diffondere la pace e favorire gli scambi, i commerci, gli investimenti, le sinergie. Lo dimostrarono in molte occasioni, rifiutandosi ad esempio di combattere contro gli Albigesi.

Quindi se nella nostra regione, che all'epoca di Bonifacio II (dinastia degli Aleramici) era ancora ben lungi dall'essere identificata col Piemonte, si pervenne ad un'alleanza come questa, tra i Savoia, i Saluzzo, il potente comune di Asti ed il Marchesato di Monferrato, in un'ottica antialessandrina e contro i suoi alleati, la Lega e Milano, significa che forse stava prendendo forma quello che poi diverrà il Piemonte, non so fino a che punto fossero consapevoli, ma questo è un dato di fatto, l'unione geografica degli alleati dell'epoca, corrisponde ai quattro quinti del territorio regionale, che solo i Savoia diversi secoli dopo riuscirono ad unificare. Una simile costruzione potrebbe essere frutto anche solo di coincidenze, anche se io non credo alla casualità ed alle coincidenze, e soprattutto non poteva essere partorita strategicamente da Bonifacio II, che era un voltagabbana patologico, essendo impossibile per qualsiasi storico tenere a mente quante volte ha cambiato alleanze più o meno repentinamente (voltafaccia spudorato). Probabilmente risvegliandosi ogni mattina, Bonifacio doveva rivolgersi ai suoi consiglieri perché gli rammentassero con quali regnanti era alleato in quel periodo, per evitare confusioni ed equivoci. Quindi una simile alleanza strategica, perdurata oltre i limiti di tempo medio delle alleanze stipulate da Bonifacio (che infatti fu rinnovata l'anno successivo, come ho citato), doveva avere un'altra regia ... I Templari in Monferrato devono aver influito ben più di quanto risulti finora storicamente, e costituisce un ambito di ricerca ancora quasi inesplorato, con forti valenze attrattive e potenzialità turistico culturali per la località.

Concludo con qualcosa che di storico non ha nulla ma in compenso possiede molto fascino.

Come avvenne per l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine dei Templari, Jacques de Molay, che prima di morire sul rogo nel 1314 predisse (alcuni la interpretarono come una maledizione ...) la morte in breve tempo di tutti i nemici e persecutori del Tempio, cosa che puntualmente avvenne, così possiamo immaginarci che il Marchese Bonifacio II, consapevole di non essere riuscito a conquistare l'agognata Alessandria, abbia trasmesso ai casalesi questo arduo compito storico ... Probabilmente quest'odio viscerale verso Alessandria venne trasmesso ai casalesi come una sorta di maledizione, dal suo spirito che si stava spegnendo, in quanto Casale gli fu assegnata dall'Imperatore del Sacro Romano Impero Corrado IV proprio pochi giorni prima della sua morte. Bonifacio II mori il 12 maggio del 1253 a Moncalvo e venne poi sepolto nell'Abbazia di Lucedio ... Del resto i "casalaschi" (erano così denominati) avevano già accumulato validi motivi che giustificavano tale ostilità, e la "maledizione del Marchese" poteva semmai solo accentuarla e consolidarla nel tempo.